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Via libera alla direttiva Ue sulle case green. La plenaria del Parlamento europeo ha approvato in via definitiva, a Strasburgo, con 370 voti contro 199 e 46 astenuti, l’accordo raggiunto in “trilogo” con il Consiglio Ue sulla cosiddetta direttiva sulle “case green”, che stabilisce nuove regole per le prestazioni energetiche nell’edilizia, allo scopo di ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore entro il 2030 e di pervenire alla neutralità climatica entro il 2050. Per la sua adozione definitiva, la direttiva dovrà ora essere approvata formalmente anche dal Consiglio Ue.

Case green, cosa prevede la direttiva europea

Innanzitutto, la direttiva prevede che tutti gli edifici privati di nuova costruzione siano a emissioni zero a partire dal 2030, mentre i nuovi edifici occupati dalle autorità pubbliche o di loro proprietà dovranno raggiungere quest’obiettivo due anni prima, a partire dal 2028.

Per gli edifici residenziali non di nuova costruzione, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata (rispetto al 2020) di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Gli Stati membri dovranno inoltre ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali che hanno le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi nazionali di prestazione energetica da rispettare per tutto il settore dell’edilizia.

In più, i Paesi membri dovranno garantire, se tecnicamente ed economicamente fattibile, l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030.

Gli Stati membri dovranno spiegare come intendono predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento e raffreddamento, eliminando gradualmente entro il 2040 i combustibili fossili usati in questi sistemi. A partire dal 2025, sarà vietata la concessione di sovvenzioni alle caldaie autonome a combustibili fossili. Saranno ancora possibili, invece, gli incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore.

La nuova normativa non si applicherà agli edifici agricoli e agli edifici storici. Gli Stati membri, inoltre, potranno decidere di escludere anche altri edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto.

Come si è arrivati all’approvazione della direttiva sulle case green

Gli edifici sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra nell’Ue, secondo una valutazione della Commissione europea. Il 15 dicembre 2021 la Commissione aveva presentato la sua proposta di revisione della direttiva sulle prestazioni energetiche nell’edilizia, come parte del pacchetto “Pronti per il 55%”, dove la percentuale indicata riguarda l’obiettivo vincolante di riduzione dei gas a effetto serra entro il 2030, come tappa intermedia verso la “neutralità climatica” del 2050.

La direttiva è stata modificata durante le trattative con il Consiglio Ue, con un maggiore accento sul carattere adattato a livello nazionale, invece che armonizzato a livello Ue, di una parte degli indicatori per la sua attuazione. Ma resta un elemento fondamentale della strategia di riduzione delle emissioni e di efficientamento energetico del Green Deal.

Rimane un testo dagli obiettivi finali ben difficilmente realizzabili (emissioni zero nel 2050), che la nuova legislatura europea farebbe bene a ripensare.

Dopodiché, un ruolo fondamentale lo avranno i Governi, chiamati a legiferare nei vari Paesi. Quello italiano deve fare i conti con una realtà ben diversa da quella del resto della Ue. Le specificità del nostro patrimonio immobiliare sono note, così come quelle di chi lo detiene (piccoli proprietari, spesso in condominio). Occorre pensare a una distribuzione equilibrata nel tempo degli interventi e ad adeguate misure economiche e fiscali di sostegno. Il tutto, senza dimenticare che il nostro territorio ha una priorità che a Bruxelles non scalda i cuori quanto il green: quella del miglioramento sismico degli edifici”.

Finalmente si intravede la luce in fondo al tunnel

Dopo un lungo periodo di ininterrotti aumenti dei tassi di interesse, gli ultimi aggiornamenti segnano una battuta di arresto nell’aumento del costo dei mutui casa. E l’annuncio da parte di Christine Lagarde di un taglio dei tassi Bce a partire dall’estate lascia ben sperare che presto si troverà un nuovo equilibrio su livelli più sostenibili, anche e soprattutto per chi ha in essere mutui e prestiti. 

Come sarà il 2024 per il mercato italiano dei mutui?

Il rally dei tassi iniziato poco più di un anno fa ha prodotto un effetto valanga sui mutui, con conseguenze non proprio positive, sia in termini di costo dei mutui per i consumatori, sia in termini di contrazione dei volumi per l’intero mercato del credito. Fortunatamente questa dinamica si è attenuata nelle ultime settimane infatti stiamo assistendo a una significativa diminuzione dei tassi dovuta a una curva ribassista degli indici IRS di medio/lungo periodo.

Ovviamente questo scenario ci fa ben sperare per una “tenuta” del mercato per il 2024. Anzi, in effetti l’anno è iniziato con una forte ripresa delle domande di mutuo dopo la contrazione del 2023. Anche il mercato sta dando segnali confortanti, in quanto i future sui tassi vedono proiezioni al ribasso già a partire dalla prossima primavera.

A proposito di tassi, il fisso ad oggi si colloca tra il 3 e il 4%, un valore che – per come ci eravamo abituati negli ultimi mesi – potremmo anche definire buono. Il tasso del variabile supera oggi abbondantemente il 4%, visto che l’Euribor permane ancora su livelli alti. Pertanto oggi, il gap tra le due tipologie di tasso è ancora marcatamente alto, motivo per cui il mercato – così come l’offerta bancaria – è decisamente sbilanciata su mutui a tasso fisso e abbiamo motivo di pensare che questa disparità proseguirà almeno per tutto il 2024. In questo contesto continueremo altresì ad assistere a richieste di surroga per migrare da mutui a tasso variabile verso finanziamenti a tasso fisso. E’ importante ricordare che la concorrenza tra le banche gioca a favore dei consumatori, se sappiamo come approfittarne.

Sulla scorta dei dati consuntivati riguardanti l’anno 2023, l’81,3% delle richieste degli utenti ha riguardato l’acquisto della prima casa, valore leggermente in diminuzione rispetto al 2022. Analizzando le richieste per area geografica, scopriamo che quasi una su quattro arriva dalla Lombardia (23,4%), seguita dal Veneto (10,5%) e, al terzo posto, dal Lazio (10,3%). A livello di province, testa a testa tra Milano (8,5%) e Roma (8,4%) che distaccano di parecchio la terza città per numero di richieste che è Torino (2,9%). Inoltre, non tutti sanno che…l’Italia rimane ancora un paese fortemente attrattivo per gli investitori stranieri, dato che ben il 5% delle richieste riferisce a clienti non residenti italiani, alla ricerca di una casa vacanze o di un nuovo Paese in cui trasferirsi per vivere.